«A medio termine è molto importante che tutti si siedano allo stesso tavolo»
L’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina mette sotto pressione l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Secondo Raphael Nägeli, il rappresentante permanente della Svizzera presso l’OSCE a Vienna, la preoccupazione principale da affrontare alla conferenza ministeriale di inizio dicembre è quella di garantire che l’Organizzazione mantenga la propria capacità di agire. Nägeli sottolinea che, nei confronti della Russia, il Consiglio dei ministri insisterà sul rispetto dei principi concordati. L’ambasciatore svizzero è però convinto: a medio e lungo termine, la sicurezza in Europa può essere garantita solo con, e non contro, la Russia.
La riunione di quest'anno del Consiglio dei ministri dell'OSCE si svolge nella città polacca di Lodz. © OSCE/Ministry of Foreign Affairs of Poland
Gli obiettivi principali dell’OSCE sono «la sicurezza e la cooperazione in Europa», entrambe messe a dura prova dall’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Come ha reagito l’OSCE all’aggressione? E cosa può fare ora?
Con la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina, la Russia ha violato non solo i principi dell’OSCE, ma anche lo Statuto delle Nazioni Unite e i principi del diritto internazionale. Il lavoro dell’OSCE, che si basa sulla fiducia e sulla cooperazione, viene quindi fondamentalmente messo in discussione.
In questa situazione è essenziale che gli altri Stati che fanno parte dell’OSCE restino uniti, condannino le azioni della Russia e insistano – anche se solo verbalmente – affinché la Russia rispetti i principi concordati. Al momento la cooperazione tra gli Stati partecipanti dell’OSCE funziona abbastanza bene, cosa non scontata vista la loro eterogeneità.
La sfida rimane quella di mantenere la capacità di agire dell’OSCE, riaffermando al contempo i propri principi. Gli impegni concordati restano validi.
A proposito di capacità di agire: la Russia è uno Stato partecipante dell’OSCE. Questo blocca il lavoro dell’Organizzazione o, al contrario, rappresenta un’opportunità per fare in modo che le parti in conflitto si siedano allo stesso tavolo?
A breve termine, questo complica notevolmente il nostro lavoro. L’OSCE prende decisioni per consenso. Visto l’attuale scontro, ciò significa che adottare dichiarazioni politiche, ma anche prendere decisioni importanti in materia di personale o di finanze, è diventato molto difficile. Ciononostante, malgrado il veto russo sono state trovate soluzioni per portare avanti la Conferenza di Varsavia sui diritti umani o i lavori relativi ai progetti in Ucraina grazie ai contributi volontari di numerosi Stati dell’OSCE.
A medio termine è tuttavia molto importante che tutti si siedano allo stesso tavolo: la sicurezza in Europa può essere garantita solo con, e non contro, la Russia. Il dialogo con la Russia rimane indispensabile. Tuttavia, deve basarsi sul diritto internazionale e sui principi dell’OSCE.
Quale ruolo può svolgere la Svizzera nell’OSCE per rafforzare nuovamente la sicurezza e la cooperazione in Europa?
In primo luogo, nel Consiglio permanente dell’OSCE ricordiamo ogni settimana alla comunità internazionale che il diritto internazionale e gli impegni concordati nel quadro dell’OSCE continuano a essere validi. È importante chiedere anche alla Russia di rispettare i propri impegni.
In secondo luogo, garantiamo che gli strumenti dell’OSCE siano mantenuti e perfezionati in modo da rimanere operativi anche in futuro.
Può farci qualche esempio?
Sosteniamo la presenza in Ucraina, le missioni nel Caucaso meridionale e in Asia centrale, come pure l’ampliamento delle capacità di mediazione, non solo attraverso interventi politici, ma anche tramite impegni finanziari e in termini di personale. È importante che l’OSCE dia prova della sua rilevanza anche nell’attuale situazione di tensione.
In terzo luogo, la pianificazione per il periodo successivo alla fine della guerra in Ucraina è già iniziata: vogliamo garantire che la sicurezza in Europa possa continuare a basarsi non solo sulla deterrenza e sulle alleanze di difesa, ma anche sulla cooperazione, e che l’OSCE svolga un ruolo importante nell’architettura di sicurezza europea. La Svizzera è in prima linea nei colloqui informali in corso.
La guerra in Ucraina non è l’unico conflitto che l’OSCE deve affrontare. In quali altre zone l’Organizzazione è fortemente impegnata?
Sul territorio dell’ex Unione Sovietica sono in corso diversi conflitti regionali, ossia tra Armenia e Azerbaigian nonché in Georgia e in Moldova. Grazie alla mediazione dell’OSCE, in tutti e tre i conflitti esistono formati istituzionalizzati per i colloqui, che possono almeno contribuire a rendere la vita quotidiana più sopportabile per la popolazione della regione in conflitto e a ridurre il rischio di scontri violenti. Alla luce degli scontri geopolitici, dobbiamo già essere contenti se la situazione non peggiora. La guerra aperta tra Armenia e Azerbaigian nel 2020 ha dimostrato quanto fragile possa essere un cessate il fuoco.
L’OSCE gestisce tuttavia anche missioni sul campo nei Balcani occidentali e in Asia centrale, che ogni giorno svolgono un’importante azione di prevenzione dei conflitti a livello locale, rafforzando le amministrazioni locali e garantendo l’inclusione delle minoranze nonché la collaborazione con la società civile. I media non ne parlano, tranne quando questo meccanismo si inceppa e si verificano scontri aperti, come avviene in questi giorni nel Nord del Kosovo.
All’inizio di dicembre si riunisce a Łódź, in Polonia, il Consiglio dei ministri, il principale organo decisionale e di governo dell’OSCE. Realisticamente, cosa ci si può aspettare?
Non possiamo aspettarci decisioni per le quali sarebbe necessario il consenso. L’attenzione si concentrerà sui colloqui informali tra i partecipanti. Di fronte alla minaccia russa, l’intera Europa si è riavvicinata. Spero in una presa di posizione chiara e in un’ampia intesa per quanto riguarda i principi dell’OSCE. Questi aspetti rimangono cruciali per il futuro dell’architettura di sicurezza in Europa.
A inizio anno la Svizzera ha adottato il Piano d’azione OSCE 2022–2025. Quali sono le relative misure già adottate?
Il piano d’azione prevede il rafforzamento delle capacità dell’OSCE in materia di mediazione dei conflitti, osservazione elettorale e libertà dei media. Per tutti questi settori sono stati reclutati e inviati esperti ed esperte svizzeri. Sosteniamo anche il lavoro dell’OSCE sui diritti umani con un’esperta nella prevenzione della tortura. Inoltre, nell’ambito della cibersicurezza sono stati completati con successo i lavori per la realizzazione di uno strumento di risoluzione dei conflitti in caso di incidenti informatici gravi.
L’OSCE è la più grande organizzazione di sicurezza regionale. Nel 2023 e nel 2024, ossia durante il periodo del seggio non permanente della Svizzera nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la delegazione presso l’OSCE a Vienna – che Lei dirige – intensificherà la collaborazione con la Missione svizzera presso l’ONU a New York?
La collaborazione è già stretta: ci sentiamo al telefono ogni settimana per armonizzare la nostra agenda, con il coordinamento della Divisione ONU a Berna. L’attenzione si concentra sulle regioni di conflitto in cui sono coinvolte le istituzioni dell’ONU e dell’OSCE, cioè attualmente soprattutto l’Ucraina, la Georgia e l’Afghanistan e i suoi vicini dell’Asia centrale. Naturalmente, anche da Vienna cerchiamo di sostenere tutte le tematiche centrali che ruotano attorno al seggio svizzero al Consiglio di sicurezza, sia che si tratti di sicurezza climatica, pace, donne e sicurezza oppure della visita del presidente dell’OSCE a New York.